Manali-Leh: i ponti

Sistemo un problema alla leva della frizione e smontiamo il campo. Siamo a 3000m e oggi ci spetta il grande dislivello: il Baralacha La a quota 4894m.
Metallic bridge on the Manali-Leh

La strada si solleva dolcemente dal greto del fiume infilandosi in una stretta valle, ma mano a mano che saliamo la nostra prospettiva cambia. La valle appare ora come una gigantesca fessura nel massiccio dell’altopiano; la strada lo sa bene e rivela presto le sue vere intenzioni aggrappandosi ad una traiettoria immaginaria, lasciando il fiume a strisciare sul fondo.

Iniziano qui i primi segnali della incredibile mutazione in atto attorno a noi: la morfologia dell’ambiente circostante si trasforma secondo indecifrabili geometrie, la vegetazione gradualmente scompare e resta un paesaggio assolutamente …marziano.

Le leggi della fisica stanno cambiando; impercettibilmente, ma costantemente, stiamo salendo.

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Manali – Leh   [GIORNO #2][DAY #2]

Nella mia memoria l’ascesa al Baralacha La è impressa come un unico, lunghissimo istante.
ladakhImmaginatevi di fronte a un dipinto. Tre colori soltanto per questa visionaria tela impressionista: il cielo di un azzurro assoluto, il rosa con tutte le sue sfumature per la valle con le sue guglie, e questa striscia grigia e tortuosa che prosegue all’infinito fino a scomparire… la muraglia di montagne dipinte all’orizzonte sono la nostra meta.
Da sindrome di Stendahl.

Lake at Baralacha LaAlla fine della valle la salita è rapida e precisa: pochi lunghi tornanti ci portano di nuovo là dove osservi tutto dall’alto in basso, dove i pensieri diventano più lucidi e la visione delle cose si fa più chiara. Siamo a quasi 5 mila metri. Un laghetto riflette un pezzetto di cielo appena sotto di noi. E’ questo l’ingresso del Ladakh vero e proprio, ce lo ha ricordato un cartello incrociato poco più in basso che dice più o meno: “Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare”, una delle tante firme degli eroici costruttori di queste strade che puntano al cielo. E da qui, il gioco, effettivamente si fa duro.

I ponti

Scendiamo, felici ed ignari. L’asfalto lascia il campo ai sassi e quando l’acqua scorre abbondante la dobbiamo attraversare. Incrociamo di nuovo due bikers su Enfield che stanno tornando indietro: rinunciano? Poco più avanti la risposta. Uno dei timidi ponti di lamiera posti là dove l’acqua viene giù con troppa forza non ha retto al peso dei veicoli pesanti, e la via alternativa, un ruggente guado su pietroni, è ora sede di un camion col semiasse rotto.

Fortunatamente i camionisti si stanno dando da fare, nessuno di loro ha la scelta di rinunciare, e dopo poco il ponte è rattoppato alla meno peggio. Faccio passare due camion e attraversiamo anche noi.

Manali-Leh: road signNeanche il tempo di far scendere l’emozione e anche il ponte successivo è un colabrodo, ma questo è decisamente più alto: un esile struttura di metallo che congiunge i due estremi di un crepaccio. I camionisti lo sanno e neanche ci provano, si tuffano tra i flutti qualche chilometro prima. Uno di loro deve aver avuto dei problemi nel guado e ora si trova spiaggiato in una secca del fiume. Ma io sono un veicolo leggero, nessun ponte di metallo può crollare sotto il mio peso… Sistemo i moduli di lamiera del ponte in modo da ridurre i punti di “vuoto” e attraverso, senza problemi.

Overlanders

E’ pomeriggio inoltrato, il tramonto è alle porte quando vediamo in lontananza, distante dalla strada, un furgone Mercedes parcheggiato in una piana; andiamo a vedere di che si tratta. Sono francesi overlanders in giro da due anni, al momento bloccati col cambio automatico rotto in un deserto glaciale a inizio autunno. Gli domando le loro prospettive e paiono ottimisti: la scatola del cambio è aperta, stanno leggendo il manuale di istruzioni e la carenza di ossigeno li sballa abbastanza da non preoccuparsene troppo. L’interno del furgone è rivestito completamente in legno, hanno cibo, cucina a gas, un cane e un caminettoBaralacha La camp in cemento alimentato a sterco di mucca e cavallo raccolto in precedenza.

Un invito a cena completa l’incontro e per la notte ci facciamo prestare una coperta extra e montiamo la tenda. Dormiamo oltre i 4 mila metri in un paesaggio notturno che mi ricorda le foto di Amstrong sulla luna: sotto alla linea dell’orizzonte solo buio, polvere e la silouette di qualche cima, tutto il resto è stelle e spazio infinito. Una di quelle notti che farebbero meditare sulla condizione umana, se la stanchezza e la mancanza di ossigeno non avessero la meglio.


Prossimamente la 3a puntata.Coming soon the 3rd episode.

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Thomas